L'Abbazia di Northanger di Jane Austen

15.12.2019

Con questo secondo libro per il gruppo di lettura della #sfidadeiclassici ho voluto riprendere la Austen e non il più conosciuto Orgoglio e Pregiudizio che ho letto anche in inglese ai tempi del liceo. E devo dire che anche questa lettura è stata una bella scoperta! 

Non ho potuto fare a meno di pensare, leggendolo, all'immagine della Austen che scrive in un salotto nel quale si trovavano più persone e che ripone il manoscritto in un telo in modo che non si rovini. Ne parla la Woolf in "Una stanza tutta per sè" ponendo l'accento sul fatto che nonostante la sua condizione la Austen, figlia di un pastore anglicano e con una famiglia numerosa, scrivesse romanzi migliori di altri dell'epoca e degni di lettura, in contrasto anche con i manuali di storia o di scienze che per lo più gli uomini scrivevano.
Questa "polemica" è presente anche nel romanzo. La Austen la affronta sapientemente prendendosela con coloro che denigrano la lettura dei romanzi e facendo leggere alla sua giovane protagonista "I misteri di Udolpho" della Radcliffe, romanzo gotico in voga all'epoca. Ripete questa cosa più volte, quasi a volersene vantare.
 
La giovane Catherine Morland è una ragazza semplice di condizione simile a quella della Austen, tanto che leggendo la sua biografia, ho pensato potesse essere un romanzo autobiografico, o quasi. La cara Catherine però è veramente molto semplice e genuina, aperta ai massimi sentimentalismi, così tanto che riesce a vivere in pochi mesi tante di quelle vicende dettate proprio dalla sua inesperienza con la vita e con persone diverse da quelle della propria famiglia. Viene invitata da una coppia di amici dei genitori, gli Allen, a trascorrere con loro un periodo di vacanza a Bath. Lì ha occasione di conoscere molte persone, di stringere amicizia, di conoscere luoghi diversi dai suoi abituali, di occuparsi di merletti e crinoline e di balli. Tutto appare positivo e meraviglioso per la ragazza che si lascia trasportare da persone con maggiore personalità della sua, ma deve, gioco forza, affrontare con molta sofferenza, anche la cattiveria e i sotterfugi ai quali non è abituata.
Il modo di scrivere della Austen è sottilmente ironico; alcuni personaggi vengono descritti in maniera da risultare immediatamente antipatici. Alcuni passaggi del romanzo sembrano stantii, lenti e l'assenza di reazione da parte della ragazza quasi innervosisce. Subisce anche una "cacciata" clamorosa dall'abbazia nella quale veniva ospitata dalla famiglia Tilney, con generale al comando, che credendola ricca voleva farla sposare con il figlio (del quale Catherine in effetti è innamorata); scoperto l'equivoco il padre del ragazzo la tratta malissimo e la manda a casa con un viaggio solitario che potrebbe somigliare ad uno di Jane Eyre. L'epilogo è positivo e insperato sia per Catherine che per chi legge.

E' chiaro che la Austen voleva rompere gli schemi con questo romanzo in contrasto con lo stile di quelli dell'epoca presentando una non-eroina al pubblico, disincantata e preoccupata più di finire di leggere un romanzo che trovare un marito che potesse mantenerla. 

Anche se poi accade, ma per amore e non per calcolo.

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