
Timbuctù di Paul Auster

Prima di parlare di questa lettura, devo fare una premessa utile a chi approccia per la prima volta a questo blog. Paul Auster è uno dei miei autori preferiti in assoluto, esiste una sezione dedicata a lui (basta cliccare sul suo nome per accedervi) e di lui possiedo molti dei suoi libri. Alcuni li ho ancora da leggere, altri letti e amati. Non ho trovato ancora un libro di Auster che non sia rientrato nei miei gusti o che mi abbia allontanata dal suo modo di scrivere. Ogni libro ed ogni storia usciti dalla penna di questo scrittore americano sono state balsamo, riflessione, arricchimento.
E' così che funziona quando un autore prende in pieno le corde di una lettrice, no?
"Un cane solo è un cane morto, e quando Willy avesse esalato l'ultimo respiro, non gli restava altra prospettiva che la propria fine imminente. Erano ormai molti giorni che Willy lo catechizzava su questo possibile sviluppo, e Mr Bones conosceva a memoria tutto il vademecum: come evitare gli accalappiacani e i poliziotti, i furgoni blindati e le auto civetta, gli ipocriti del cosidetto umano consorzio. Anche se pronunciata nel tono più suadente, la parola canile era sinonimo di guai."
Paul Auster in Timbuctù riesce a parlare della fragilità umana scegliendo un narratore che umano non è: un cane. Mr. Bones, il protagonista a quattro zampe di questo breve romanzo, affronta il mondo con una fedeltà disarmante verso il suo padrone Willy e con un'innocenza nello sguardo che mette in luce le contraddizioni degli esseri umani meglio di qualunque narratore "tradizionale".
Il romanzo si apre accanto a Willy G. Christmas, un ragazzo senzatetto (forse per scelta), poeta e visionario che ha raccolto Mr. Bones dalla strada e ne ha fatto la fonte emotiva della sua vita. Auster racconta la loro amicizia e la loro vita insieme con una delicatezza quasi disarmante: Willy non è un santo incompreso, né un emarginato. E' un personaggio sospeso tra follia, creatività e disperazione, e proprio grazie allo sguardo di un'anima pura come quella del cane acquista una forma ancora più giusta, più autentica. Mr. Bones vede l'uomo, non la sua condizione.
La scelta di Auster di affidarsi a questa prospettiva funziona perfettamente: non è un espediente per far affezionare il lettore. Mr. Bones è un osservatore attento, leale, a volte ingenuo, la cui percezione del mondo rivela quanto gli esseri umani siano incapaci di essere semplici, diretti, affettuosi come lo sono i cani. Eppure, nonostante questa differenza, il romanzo è intriso di un profondo senso di appartenenza: tra Willy e Mr. Bones c'è un amore assoluto, senza compromessi.
Oltre a raccontare in maniera delicata il rapporto tra Mr. Bones e il suo padrone (il racconto, come detto, lo fa direttamente il cane) Auster riesce a portarci nel suo campo letterario più riconoscibile: quello in cui i personaggi devono affrontare la paura, proseguire le loro esperienze, andare avanti. Qui entra in gioco Timbuctù: un luogo mitico, un orizzonte simbolico, forse l'aldilà, forse un punto immaginario dove tutte le domande trovano finalmente una risposta. Willy lo descrive come un posto lontanissimo e meraviglioso, e Mr. Bones ne fa il suo faro interiore: un'idea di pace, il luogo in cui ritrovare ciò che si è perso.
La scrittura di Auster, asciutta e semplice, riesce a rendere tutto questo in poche pagine, con una precisione emotiva che sorprende. Non c'è sentimentalismo gratuito, non ci sono artifici pomposi: c'è un autore che osserva il mondo da un punto di vista decentrato, proprio per questo più vero.
Timbuctù è un romanzo breve, ma tocca temi vasti: la solitudine, la marginalità, la morte, l'amicizia, la possibilità — o l'illusione — di una redenzione. È un libro che parla agli adulti senza mai dimenticare la purezza dello sguardo infantile, o animale, comunque non corrotto.
E' una lettura che mi ha lasciato il cuore un po' pieno e un po' vuoto: pieno per la tenerezza che trasmette, vuoto per la consapevolezza che spesso, nella vita reale, nessuno sa amare con la fedeltà di Mr. Bones. Ed è forse proprio per questo che il romanzo resta: perché racconta l'umano attraverso ciò che l'umano non riesce ad essere.
Lo consiglierei? Sì, a chi ama le storie che commuovono senza manipolare, a chi cerca un romanzo breve ma intenso, a chi vuole guardare il mondo da un'angolazione nuova. E a chi vuole scoprire un autore come Paul Auster che riesce a calarsi in un personaggio come Mr. Bones con una grazia e una modalità che lo rende il più umano dei personaggi dotati di parola.
Mi hanno fatto riflettere alcune considerazioni del gruppo di lettura con il quale ho letto Timbuctù (Manchiamo solo noi di Giorgia e Martina, che trovate su telegram); il libro potrebbe non essere consigliato a chi è emotivamente provato da una perdita recente perchè le considerazioni che Mr. Bones fa rispetto all'amore per l'umano padrone/amico sono davvero molto tenere e commoventi. Ma, avendo io perso uno degli amori della mia vita, un peloso di nome Rocco, quasi quasi pensarlo in mondo come Timbuctù mi fa sorridere e un pò mi consola.
A voi la decisione. E se lo leggerete, fatemi sapere.


