Trema la Notte di Nadia Terranova

18.04.2022

"Innocente e disperata, un'altra luna è sorta sullo Stretto. Sale sui cumulonembi adagiati sopra le due coste, punta la falce tra gli orli di terra che sembrano sfiorarsi e lì passerà la notte a parlare con le maree, fino a quando la prima stella del mattino non la scalzerà via.

Sotto di lei un tempo sorgevano due città..." 

Un terremoto forte e devastante il 28 dicembre del 1908 rase al suolo le città di Messina e di Reggio Calabria. Nulla fu come prima, le vite dei sopravvissuti si ribaltarono, tutto fu perso, distrutto, anche l'orizzonte non si riconosceva più.

Due città, due terre, due popolazioni, in posizione antitetica, distanti quasi un soffio, legate dal mito, da un lembo di mare, dalle correnti, dai colori di quell'acqua che a volte si fa specchio. Legate anche dalla distruzione che le colpì.

La narrazione di Nadia Terranova in Trema la Notte è perfetta. E' impossibile non calarsi in ciò che accadde. Non sentire la paura, i timori, il disagio, dei due protagonisti, Barbara e Nicola, che parlano non solo per se stessi, ma anche per gli altri; rappresentano i sopravvissuti, quelli che si ritrovano soli ad affrontare il tutto, raccontano quel che è stato e che non sarà più.  

"Ho trascorso su questa riva tutte le notti della mia vita, e del mio finto orizzonte conosco ogni inganno: gli occhi di chi nasce davanti al mare si perdono all'infinito, ma il mio mare è diverso, ti spinge indietro come uno specchio. Io sono nata con il muro di un'altra costa a bloccarmi lo sguardo."

Molte volte mi sono seduta anche io su quelle rive, una mi appartiene più dell'altra; guardare l'orizzonte in quei posti ha un che di magico, di surreale, di incantato. Riesco ad immaginare quella notte, riesco a pensare ai sopravvissuti, riesco a capire il loro sentire anche grazie al racconto che la Terranova fa dei luoghi e dell'esperienza di Barbara e Nicola.

Barbara è una giovane ragazza che quella notte si trovava a Messina dalla nonna; erano state a teatro, la sera prima, a vedere l'Aida. Si salva e si ritrova in strada, sola, a cercare di capire cosa sia accaduto e chi si fosse salvato oltre a lei. L'istinto è quello di cercare volti conosciuti, di trovare un particolare, una strada laddove esista, qualcosa che sia rimasto in piedi, e poi vestiti, scarpe, cibo, acqua, sostentamento.

Nicola è un ragazzino di Reggio Calabria a cui la sorte aveva assegnato un posto in una cantina fuori dalla casa dei suoi genitori e corde che lo tenevano legato ad un letto per evitare di essere preso dal diavolo durante il sonno. Condanna inflitta, voluta ed imposta dalla madre che quella notte, che trema e sconquassa tutto, diventa salvezza. Sopravvive Nicola, solo lui, nessun altro della sua famiglia.

In due città a specchio, anche nella cattiva sorte, Barbara e Nicola si trovano a dover fare i conti con il nulla che è rimasto. Devono dare un senso al loro essere sopravvissuti, devono trovare il coraggio in se stessi, soli in mezzo a tante altre solitudini. Gli aiuti sono pochi e tardano ad arrivare, la confusione è molta, tutti diventano orchi ed allo stesso tempo prede.

E' incredibile come i destini di questi ragazzi si incrocino, si tocchino anche nell'orrore più crudo che trasforma ulteriormente le loro sensibilità. E' molto intenso lo scrivere della Terranova; il suo raccontare quel che accadde ha una cadenza che sembra a volte carezza ed altre schiaffo. Il terremoto non è solo strappo e perdita, ma è per Barbara e Nicola un incrociarsi e non vedersi, un ribaltamento dei propri destini, è ricominciare, trovare una nuova strada, costruire una nuova vita, trovare la libertà. 

Nicola finalmente libero dalle corde e dalle torture alle quali la madre lo sottoponeva e dalle disattenzioni del padre che era proteso solo al progredire della sua azienda. Barbara è libera dal suo destino che la vedeva sposa di un uomo scelto dal padre, lei che anelava la libertà di poter scegliere il suo futuro, di affrontare la vita in modo diverso con in mano i suoi libri di Letteria Montorio e i suoi ricordi.  

Trema la Notte ha lo scopo di raccontare la storia di quei sopravvissuti che hanno dovuto ricostruire se stessi ancora prima che tetti e strade, passando sopra alle lapidi ed alle pietre, fidandosi di sé prima che degli altri. La Terranova sa spiegare bene come avviene, affida ogni passo agli Arcani dei tarocchi, quasi a voler affidare a voci potenti, sacre e magiche il destino non solo dei suoi personaggi, ma anche di Messina e di Reggio Calabria. Arcani potenti e magici che quella notte si sono mischiati per formare un'apertura diversa, in una sorta di cancellazione e di ritorno.

Nadia Terranova (foto presa dal web)
Nadia Terranova (foto presa dal web)

Sa spiegarlo bene Nadia Terranova perchè è figlia di quella terra, quegli orizzonti li conosce bene e chissà che qualche volta, una di fronte all'altra, non abbiamo guardato i rispettivi panorami. Nata e cresciuta a Messina, ha studiato filosofia nella sua città ed ora vive a Roma. La sua produzione letteraria vede, oltre ai romanzi Gli anni al contrario (2015), Addio Fantasmi (2018) e Trema la Notte appena uscito, editi tutti Einaudi, anche raccolte di racconti, saggi e libri per ragazzi. Collabora con varie testate giornalistiche e dal novembre 2020 cura e dirige "K", la rivista letteraria de Linkiesta. Vi rimando al suo sito internet NadiaTerranova.net per poter avere qualche informazione in più sui suoi scritti, sui riconoscimenti ottenuti e magari, per l'acquisto dei suoi libri. 

Forse la trama di questo romanzo si sta ancora svolgendo, perchè la Terranova traccia e descrive un taglio tra il prima e il dopo di due luoghi che oggi sono città vive e brulicanti, i cui figli e figlie si muovono nel mondo. Messina e Reggio Calabria, viste oggi, sono magnifiche nella loro mantenuta posizione. Sono lì a guardarsi, poggiate su quel lembo di mare dai colori cangianti. Forse i destini di quella notte che ha tremato, ancora si rincorrono per quelle rive o per altri luoghi per poi tornare esattamente lì, a guardare la città di fronte ed a sorridere di quella specularità, dei loro colori all'alba ed al tramonto, dei loro miti e ad ammirare Morgana quando si mostra in tutta la sua bellezza.

Nadia Terranova da ottima scrittrice quale è, sa bene di aver acceso tante riflessioni e tanti ricordi con questo romanzo. Siamo lontani oltre cento anni da quel giorno, eppure le madri, le figlie, i padri e i figli di quelle terre hanno proseguito nel loro cammino, hanno perseguito il loro destino, trovando il modo di essere custodi di quella memoria e capaci di rialzarsi da quelle macerie. Così come Barbara e Nicola. 

Mi ha toccata molto il racconto fatto dalla Terranova, mi ha toccata perchè si sente l'affetto con il quale ha voluto dire quello che andava detto; si vede dalla costruzione dei due personaggi e da come Barbara e Nicola riescano, girata dopo girata, a ricostruire, ritrovarsi, aggiustare i pezzi. 

Nonna Maria e Nonno Lorenzo in viaggio di nozze a Roma nel 1912 (con zia al seguito)
Nonna Maria e Nonno Lorenzo in viaggio di nozze a Roma nel 1912 (con zia al seguito)

Leggendo Trema la Notte e di quel 28 dicembre 1908 non ho potuto non pensare a mia nonna Maria, donna che amava scrivere e di cui conservo gelosamente le lettere a me dedicate. Mia nonna aveva quattordici anni quella notte ed è sopravvissuta alla distruzione della sua casa di Reggio Calabria. Si trovava su quello che era il corso principale della Città e dalla finestra della sua camera vedeva il mare. Il suo destino ha voluto che qualche settimana dopo potesse trovare riparo sulla costa jonica, a Brancaleone Calabro, un paesino anch'esso colpito dal terremoto, seppur in modo meno devastante. La famiglia lì si sentiva al sicuro e riuscì a sistemarsi in piccole casette nelle terre che erano sempre state il loro sostentamento. La sua vita ed il suo destino si sono compiuti lì, in quei luoghi, e nel 1912 si è sposata con Lorenzo, mio nonno (figlio del falegname che rifece il mobilio della casa in cui andarono a vivere). Hanno avuto dieci figli, cinque femmine e cinque maschi; mio padre, Telesforo, è l'ultimo, nato il 3 agosto 1935 a Brancaleone, giorno in cui arrivava proprio lì Cesare Pavese.

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