Il Duca di Matteo Melchiorre

13.10.2022

"Perciò tacqui e guardai quell'enorme crinale roccioso che attraversa da monte a valle i miei boschi, continuando a pensare che doveva trattarsi davvero della schiena di un drago; drago che oltretutto poteva anche non essere morto, sepolto sì ma non morto, dato che i draghi possono dormire per secoli salvo poi svegliarsi (il più delle volte, naturalmente, inferociti) quando scocchi un'ora stabilita o quando si calpesti, per imprudenza, un'orma che non si doveva calpestare."

Questo è un romanzo che ha il sapore di altri tempi, per la storia che racconta, per i luoghi in cui è ambientato, per come Matteo Melchiorre lo ha scritto, per come ha saputo inserire in esso elementi che lo hanno reso potente. E' allo stesso tempo un romanzo moderno, perchè ciò che accade è verosimile, non è lontano dal nostro tempo. E' la storia di una famiglia, i Cimamonte, una storia che parla attraverso i secoli, una discendenza che pesa su l'ultimo degli eredi. Il Duca, un giovane uomo solitario, decide di andare a vivere nella vecchia villa di famiglia a Vallorgàna, un paesino vicino alla montagna ed ai boschi. La solitudine: un bisogno, una necessità. Gli occorre per studiare gli archivi di famiglia, studiare la storia, analizzare il passaggio dei suoi avi su quelle terre, in quella casa. Finché un giorno, una notizia riportata da Nelso, un boscaiolo esperto suo amico, apre la porta verso una realtà che non avrebbe mai scorto tra le carte dei suoi archivi. 

Allora il romanzo prende la strada dei sentimenti, del rancore, dell'odio e così del pregiudizio, dell'invidia e della gelosia. Ma anche del coraggio, dell'orgoglio e dell'amore. Il Duca, nonostante sia accompagnato dai tanti personaggi che abitano la sua casa, appesi ai muri, quasi avessero un'anima, si trova da solo ad affrontare tutto quanto accade. Impara il Duca e noi con lui. Impara ad affrontare la vita, quella che ti viene incontro per strada, attraverso gli occhi della gente, i sorrisi o i falsi sorrisi, le parole dette e quelle non dette.

"L'odio è così. E' un sentimento potente. Anzi: il più potente di tutti. Non ha mica ragioni precise. E' una roba che uno ha dentro. Puoi scavare fin che vuoi, andare avanti e andare indietro, ma il motivo non c'è. L'odio sta là, dentro di me, dentro di te, dentro di tutti. Questa è la verità."

E la potenza dell'odio e del rancore riescono a sradicare il Duca dalle sue certezze, lacerano in parte le sue sicurezze. Molte le questioni irrisolte che troviamo tra le pagine di questo romanzo: siamo il frutto di quello che i nostri avi hanno fatto o siamo il risultato dell'ambiente che ci circonda? Siamo liberi nelle nostre scelte o siamo legati da un vincolo di sangue con chi ci ha preceduto? 

"Io non penso che tutto quanto ci accada debba essere per forza raro, speciale o prezioso. Molto spesso, o forse il più delle volte, viviamo le cose di tutti. Voglio dire che le nostre esperienze, e soprattutto quelle che si svolgono dentro di noi, ci sembrano magari inedite, straordinarie, uniche. Invece non sono che tritume mille volte accaduto e mille volte raccontato."

E in tutte queste vicende che tengono alta l'attenzione e creano la giusta suspense, entra prepotente la natura che circonda la villa e Vallorgàna. Accoglie le passeggiate in solitaria del Duca, colpisce i sensi, scuote, risveglia, spaventa, allontana. Il Duca, così come i tanti altri personaggi che animano questa storia, si trovano tutti a dover fare i conti con la natura che non si conosce mai abbastanza. 

E' il racconto in prima persona rende tutto più concreto, più verosimile, più forte. Il Duca di Melchiorre sa raccontare così bene che ti fa sentire i rumori degli alberi, respirare l'aria del bosco o quello di una casa disabitata, ti fa percepire i rumori di un ruscello o quelli, spaventosi, del vento che diventa tempesta. Ogni cosa acquista una enfasi maggiore se a raccontartela è chi vive quelle esperienze. Anche i pensieri fanno rumore! E così il rapporto con Nelso, il boscaiolo amico e consigliere, diventa fondamentale, un aggancio con la terra e con la vita; l'incontro, forse casuale, con Maria serve al Duca per trovare un varco tra il passato ed il futuro e poi Fastréda, elemento di forte disturbo, il nemico non cercato, è necessario proprio per capire la differenza tra il bene ed il male.

I legami con il passato e la memoria di un piccolo paesino come Vallorgàna fanno da sfondo alle pagine di Melchiorre. L'interazione tra gli uomini e la montagna, gli alberi, la definizione dei confini, i legami di sangue e le radici, sono tutti nodi attraverso cui la storia viene raccontata, tra miti, segnali del destino e documenti da leggere e capire. 

Il Duca è un romanzo che incanta sin dalla prima pagina e che trascina all'interno della storia, grazie alla prosa semplice, colta ed ironica di Melchiorre. Trasferisce a chi legge molte riflessioni e sensazioni che continuano a rimanere anche dopo aver chiuso l'ultima pagina, lasciando nella certezza che la storia stia proseguendo tra quelle montagne, in mezzo a quei boschi ed in mezzo a quelle valli.

A dire il vero, come faccio sempre, mi sento una privilegiata nell'aver ricevuto questo libro in dono. A questo privilegio si aggiunge anche l'incontro organizzato per il gruppo di lettura #ioleggoeinaudi che ha permesso ai partecipanti di dialogare con Matteo Melchiorre e di ascoltare dalle sue parole la genesi di questo libro e cosa volesse trasmettere. Bellezza aggiunta alla lettura. Perchè la passione per il proprio lavoro, per lo studio, per la storia ed anche per la natura, gli alberi, il lavoro manuale, che sono propri di Matteo Melchiorre, in questo romanzo ci sono, si vedono e si sentono, così come si vedono e si sentono l'incanto e la poesia.

Matteo Melchiorre - foto presa dal web
Matteo Melchiorre - foto presa dal web

Matteo Melchiorre, classe '81, è storico di formazione. Studioso del tardo medioevo, ha svolto attività di ricerca presso vari atenei (Udine, Venezia Ca' Foscari, IUAV). Frequenta archivi storici, nei quali studia documenti e testi, ma i boschi sono la sua casa. I suoi scritti ne danno una precisa testimonianza, non solo Il Duca, ultimo suo libro edito Einaudi nel 2022, di cui vi ho parlato e di cui vi suggerisco la lettura, ma anche i precedenti libri. Ha pubblicato nel 2004 Requiem per un albero (Spartaco) dedicato ad un antico Olmo che sorgeva maestoso sul limitare del paese di Tomo, presso Feltre (dove è nato Melchiorre), che venne sradicato da un violento temporale. Nel 2018 ha ripreso in mano quella storia e l'ha integrata affiancando all'antico olmo altri alberi come pioppi, ippocastani e tigli pubblicando Storie di alberi e della loro terra (Marsilio). Prima ancora ha pubblicato La banda della superstrada Fenadora-Anzù (con vaneggiamenti sovversivi) (Laterza 2011) e La via di Schenèr. Un'esplorazione storica nelle Alpi (Marsilio 2016) che gli è valso il Premio Mario Rigoni Stern e il Premio Cortina nel 2017. 

Libri che a questo punto, avendo capito quanta passione e dedizione Melchiorre dedica a quel che fa, devo recuperare e leggere. Vi aggiorno presto!

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